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Amphora, amphoræ, amphoræ. Le declinazioni della terracotta

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Nell’ambito del recupero di pratiche legate alla tradizione, oggi parliamo di affinamento in anfora, aspetto della vinificazione che sta avendo numerosi accoliti. E anche se per alcuni sembra una pratica alla moda e di nicchia, in realtà sta dando ottimi risultati. E, soprattutto, affonda le proprie radici in un passato lontanissimo.

L’anfora in terracotta, infatti, veniva utilizzata come vaso per il trasporto di vino già in Armenia ottomila anni prima di Cristo. Dal 200 a.C. circa diventa anche recipiente destinato alla fermentazione del vino.

Oggi, è interessante comprendere quanto le caratteristiche di porosità e permeabilità della terracotta possano agire sui requisiti del vino. Ne abbiamo parlato con Elena Casadei, figlia di Stefano e protagonista del naturale ricambio generazionale in azienda – aspetto anche questo in pieno accordo con il decalogo BioIntegrale, che nasce proprio dal presupposto di tramandare ai propri figli un ecosistema migliore.

Nelle quattro tenute di famiglia, sparpagliate tra Toscana e Sardegna, Elena seleziona personalmente le anfore per l’affinamento di altrettante varietà destinate a una linea ad hoc: Le Anfore, appunto.

«Trovo che l’affinamento in anfora contribuisca in modo peculiare alla caratterizzazione del vino, amplificandone le caratteristiche per varietà ed annata: è quanto accade con il nostro Cannonau in Sardegna, con lo storico Sangiovese nel Chianti Rufina, e con gli internazionali Syrah e Moscato in Alta Maremma.»

Un materiale, la terracotta, ad Elena particolarmente congeniale, cifra distintiva di un’enologia più semplice, più sana, più pura. Come il suo giovane viso.